Il Terzo Settore

 Quando si parla di “Terzo Settore” ci si riferisce a tutto l’insieme di strutture di natura privata che, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale promuovendo e realizzando attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.
La legislazione italiana ha recentemente disciplinato il terzo settore dandone una definizione giuridica. All’art. 1 comma 1 della Legge 106 del 6 giugno 2016 (“Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”), si legge: “Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.
Pertanto i criteri cui ottemperare affinché un ente possa essere annoverato nel terzo settore sono:
avere natura giuridica privata
assenza di scopo di lucro
disporre di statuto o atto costitutivo
perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale
attuazione del principio di sussidiarietà
promozione e realizzazione di attività di interesse generale
ricorso a forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi

I settori del Welfare

In ambito Welfare si distinguono, tradizionalmente, quattro settori:

Primo Settore: Istituzioni Pubbliche e Pubblica Amministrazione
Secondo Settore: Aziende di mercato ed attività di Impresa
Terzo Settore: Organizzazioni Non Profit
Quarto Settore: Organizzazioni di mutualità

 

I soggetti che operano nel Terzo Settore

Rientrano tra gli enti del terzo settore realtà che, negli anni, sono state disciplinate da speciali Leggi:

  • associazioni di volontariato (Legge 266/1991);
  • cooperative sociali (Legge 381/1991);
  • associazioni di volontariato di protezione civile (Legge 225/1992, art. 18);
  • associazioni di promozione sociale (Legge 383/2000);
  • associazioni sportive dilettantistiche (Legge n. 398/1991, art. 90 della legge 289/2002);
  • associazioni dei consumatori e degli utenti (D. Lgs. 206/2005);
  • società di mutuo soccorso (Legge 3818/1886 e s.s.m.: DL 179/2012, art. 23);
  • organizzazioni non governative (ONG) (Legge 49/87; Legge 125/2014, art. 26);
  • impresa sociale (ex D. Lgs 155/2006, ora Legge 106/2016, art.6).

In questo quadro si inserisce la riforma organica emanata dal Governo con il D.lgs. n. 117/2017 (“Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b, della legge 6 giugno 2016, n. 106”) il quale decreto, con i suoi 104 articoli, ha fissato le regole comuni per gli enti del terzo settore, salvaguardando nell’ordinamento le forme di organizzazione già tipizzate ed innanzi indicate; restano pertanto presenti nell’ordinamento italiano le organizzazioni di volontariato (OdV) e le associazioni di promozione sociale (APS), sebbene con caratteristiche lievemente modificate rispetto all’impostazione delle leggi istitutive (rispettivamente la L. 266/1991 e la L. 383/2000, ora definitivamente abrogate).

Il Codice stabilisce regole più semplici per il riconoscimento della personalità giuridica di associazioni e fondazioni, richiama la legge istitutiva delle società di mutuo soccorso pur agevolando la trasformazione di queste nella nuova tipologia di “enti del terzo settore” (ETS).

Il decreto ha inoltre abolito la qualifica fiscale di “Onlus” (e il relativo acronimo).

Il Codice del Terzo Settore ha poi stabilito un periodo transitorio (che durerà fino all’entrata in vigore dei decreti ministeriali attuativi) in cui continueranno ad applicarsi le regole previgenti.